Riscoprendo le Anfore di Terracotta: Un Viaggio nel Mondo della Vinificazione Tradizionale
Nel mondo del vino, dove la modernità spesso prende il sopravvento, c’è una tradizione millenaria che resiste al passare del tempo. Le anfore da vino in terracotta, una pratica antica che ha affascinato gli enologi di tutto il mondo e che anche noi di Enotria Tellus abbiamo deciso di abbracciare.
Quest’estate abbiamo deciso di visitare la bottega di Massimo Carbone, un esperto mastro fornacino che ha plasmato e creato le nostre anfore a Impruneta, sede della sua opera artigianale.
Durante la nostra visita, Carbone ci ha guidato attraverso l’intero processo di produzione. Un processo che cercheremo di descrivervi nelle prossime righe.
In questo articolo, esploreremo dettagliatamente le varie fasi di produzione coinvolte nella creazione di queste straordinarie opere d’arte vinicola e parleremo del perché l’impiego delle anfore in terracotta costituisce una pratica molto utilizzata ancora oggi nel mondo vinicolo.
Il Ritorno alle Radici: La Terracotta di Impruneta
Il nostro viaggio inizia dalla terracotta: il più antico materiale utilizzato dall’uomo per conservare il vino.
Massimo ci spiega che l’argilla di Impruneta è unica al mondo grazie alle sue eccezionali caratteristiche ma prima di addentrarci nelle fasi di lavorazione, ci racconta un aneddoto interessante: questa argilla è stata impiegata nella realizzazione dei tetti di Firenze. In particolare, Brunelleschi, nel Rinascimento, la scelse per coprire Santa Maria del Fiore, il celebre duomo fiorentino. Ciò che rende questa storia straordinaria è che le tegole che vediamo oggi risalgono al Quattrocento, rimanendo pressoché intatte nel corso dei secoli.
Questa sua durevolezza e altre importanti qualità hanno fatto sì che questa terra portasse ad un ritorno alle radici della vinificazione rappresentando la celebrazione di una tradizione millenaria.
Ma vediamo insieme le fasi per la realizzazione di queste opere incredibili.
Le Fasi di Lavorazione
1. La Terra
Questa terra naturalmente regge temperature fino a -30° il che gli permette di non sfaldarsi ed è lavorabile già al suo stato naturale. A differenza di altre terre o argille non necessita l’aggiunta di additivi per essere impastata.
La terra di Impruneta è la stessa sulla quale nascono gli ulivi e i vigneti, che viene presa, lasciata essiccare al sole nel periodo estivo e poi presa e macinata in un mulino molto simile a quello della farina.
2. L’impasto
Una volta ottenuta la polvere di argilla, si inizia a preparare l’impasto necessario per la costruzione delle anfore.
La polvere di argilla viene mescolata con circa il 10% di acqua e viene lavorata nell’impastatrice per una ventina di minuti circa.
Ciò che rende unico questo processo è che l’impasto è completamente naturale, composto solo da terra e acqua e questo differisce dai procedimenti industriali che spesso utilizzano miscele artificiali e rende queste anfore ricercate nel mondo del vino.
Qui Massimo si ferma per raccontarsi che nel 1317 fu realizzato un manoscritto, ora conservato negli archivi di Stato di Firenze, dove viene riportata la nascita di un associazione di fornaciai per la tutela della terra perché si erano accorti che in questa piccola area c’era questa terra unica al mondo. Ad oggi sono solo in 6 a lavorare questa terra nel comune ed è nata un’associazione che cerca di rispettare quello che c’era scritto nel manoscritto.
Una delle regole più importanti scritte nel manoscritto era che la terra di Impruneta non venisse venduta o esportata fuori dal comune se non dopo la cottura.
3. Il Colombino
La Fornace Carbone è una delle ultime rimaste in Italia in grado di costruire completamente a mano le giare, senza l’uso di calchi, stampi o forme e la tecnica più antica e artigianale è quella del Colombino.
Usando questa antica tecnica, vengono creati bachi di terra chiamati lucignoli, che vengono posizionati uno sopra l’altro a spirale sovrapposta, a un ritmo di circa 15-20 cm al giorno. Senza l’ausilio di strumenti, solo con l’occhio esperto del maestro, vengono plasmate lentamente.
Ogni giara è unica e richiede dalle 1 mese di lavoro.
4. Essiccazione
Dopo la creazione, le giare passano alla fase critica dell’essiccazione che dura circa un altro mese.
Durante questa fase, il 10% di acqua inizialmente presente nell’argilla deve lentamente evaporare. Le giare si riducono dal 8 al 10% del loro volume iniziale, e il loro colore cambia gradualmente fino a raggiungere il grigio chiaro, il colore originario dell’argilla macinata.
L’ultima fase dell’essicazione (circa 3 giorni) avviene in una stanza in cui c’è il recupero dell’aria calda del forno e dove si crea una temperatura di 70°-80°C.
Questa fase è cruciale per evitare difetti come fratture o screpolature.
5. Cottura
Dopo l’essiccazione, le giare sono pronte per la cottura. Questo processo dura una settimana e raggiunge la temperatura di 1.000°C, scendendo poi lentamente durante il raffreddamento. Le anfore vengono inserite grigie nel forno e, magicamente, dopo circa 75 ore di raffreddamento, emergono con il caratteristico colore rosso del cotto Imprunetino.
6. Bagnatura
Infine, ogni Anfora o Orcio viene bagnato abbondantemente con acqua anche per una settimana. Questo passaggio garantisce una lunga durata nel tempo e un’elevata resistenza al gelo.
Un tesoro di vantaggi per il vino
Come abbiamo visto la terracotta è davvero un materiale straordinario e nell’ambito della vinificazione ci sono molte ragioni per cui è così apprezzata. In primo luogo, offre un isolamento termico eccezionale, questo rende la terracotta superiore all’acciaio e quasi alla pari con il cemento in termini di regolazione della temperatura.
Un altro aspetto interessante è che la terracotta consente una minore ossigenazione rispetto a una barrique, ma è paragonabile a una botte di legno di medie dimensioni. La grande differenza è che non aggiunge nulla al vino, né tannini né aromi estranei.
All’interno delle anfore è possibile mantenere un migliore controllo sulle fermentazioni di lunga durata e questo processo favorisce un’evoluzione positiva dei vini durante la fermentazione. In queste circostanze si possono ottenere i benefici di una maturazione in botti di legno, senza l’influenza degli aromi tostati o vanigliati associati al contatto del vino con il legno, né la presenza naturale di tali aromi, che possono essere rilasciati nel vino sotto forma di ellagitannini.
Proprio grazie a queste proprietà, il vino che noi produciamo in queste anfore, Piradobis, inizia una fermentazione spontanea e rimarrà sulle bucce per mesi che porterà il vino ad essere corposo e dalla complessità unica.
Indipendentemente dall’approccio scelto, le anfore moderne, a differenza di quelle antiche, non trasmettono residui di pece al loro contenuto. Ciò consente di preservare l’integrità naturale degli aromi del vino durante il processo di vinificazione che si individuano facilmente nel calice.